Se è proprio necessario usate anche le parole…

Comunicare il Vangelo cercando di far capire che siamo credenti, ci fa supporre che quello sia il modo migliore per incuriosire ed avvicinare le persone alla fede, ma in una società attenta e smaliziata come quella odierna, la cosa più importante non è ciò che diciamo, né tantomeno ciò che facciamo: chi ci scruta cercherà di osservare il nostro comportamento quando siamo convinti che nessuno ci veda…

Siamo ligi in chiesa, pieni di affezioni con i credenti della nostra comunità, ancor di più con i ministri e con le persone che riteniamo essere di maggior riguardo, ma con gli altri, con gli estranei, come ci comportiamo?

Come siamo verso quelli che non possono ricambiare la nostra attenzione? Come ci comportiamo con quelli che occupano un ruolo inferiore al nostro, vuoi per lavoro, vuoi per ceto sociale, vuoi per grado?

Spesso con loro siamo scorretti, presuntuosi, irascibili, e talvolta arroganti.

Amiamo chi la pensa come noi, chi reputiamo al nostro pari, chi è di “casa” nostra, ma non siamo altrettanto premurosi con tutti gli altri: “Cicero pro domo sua”, diceva Cicerone, difendendo la sua casa, ma Gesù era di tutt’altro avviso!
Gesù andava verso chiunque avesse un bisogno, verso gli estranei e gli emarginati. soprattutto se avevano un cuore predisposto al bene.

Il suo modo delicatissimo di trattare con la Samaritana ne è un chiaro modello.
Gesù sapeva che quella donna viveva abitualmente in una condizione molto diversa da quella tipica di una donna ebrea del tempo. Lei, come Gesù le dice chiaramente per mostrarle che era un profeta, aveva avuto molti uomini, diversi conviventi, e quello con cui stava in quel momento nemmeno era suo marito; ciononostante non le rivolge alcun rimprovero sebbene conoscesse il suo stile di vita perché sapeva bene che quell’incontro d’amore soprannaturale avrebbe cambiato radicalmente il corso della vita di quella donna.

Gesù accoglieva, non respingeva!

Citare versetti della Bibbia, ostentare il nostro credo, parlare della nostra esperienza di fede, se poi il nostro carattere non fa la differenza rispetto agli altri, si rivela del tutto inutile, se non, addirittura, controproducente.

Se vuoi comprendere quanto Dio abbia avuto influenza profonda su una persona, guarda il suo carattere. Inutile illudersi: la prima cosa che Dio cambia in noi è proprio quello e se il carattere di qualcuno ha un’evidente aspetto “ruvido”, vuol dire che la Sua presenza non è riuscita a lavorare a fondo nella sua anima!

Il cristiano “acerbo” è incline alla critica, al giudizio e di norma è poco misericordioso ed empatico.
Il cristiano modellato da Dio, invece, non giudica perché sa bene che un errore molto spesso ha radici molto profonde legate a ricordi dolorosi e/o a ferite dell’anima.

Non è a caso che Paolo, parlando del carattere delle persone negli ultimi tempi, esprima un concetto molto interessante che riporto parafrasando: “Aventi l’apparenza della pietà, ma rinnegandone la potenza che viene dall’applicazione”. (2 Timoteo 3:5-6)

Anche noi siamo spesso di quella specie… amiamo le apparenze, ma non amiamo la sostanza. Parliamo bene dell’amore, ma lo pratichiamo poco.

Citiamo versetti, ma non ne viviamo il senso…

Francesco D’Assisi diceva: “Predicate il Vangelo, e se è proprio necessario usate anche le parole”.

Un Vangelo di parole è del tutto inutile se quelle parole non si trasformano in atti.

Se il tuo Cristo non diventa pane per chi ha fame, mani per chi ha bisogno e conforto per chi sta soffrendo, la tua religione è inutile filosofia.

Ricorda: “Una carezza può contenere tanti versetti biblici senza nemmeno citarli” e a volte è molto più efficace per condurre qualcuno al Vangelo.

  • Ferruccio Parrinello 
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